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Home » Attualità » Raul Gardini, perché si è ucciso? La teoria di Antonio Di Pietro

Raul Gardini, perché si è ucciso? La teoria di Antonio Di Pietro

Perché si uccise Raul Gardini? Le parole di Antonio Di Pietro e la reazione della famiglia alla sua teoria.
Matteo FantozziDi Matteo Fantozzi23 Luglio 2023
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Raul Gardini
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Raul Gardini si è ucciso in casa sua il 23 luglio 1993 in casa sua a Milano e secondo Antonio Di Pietro, l’imprenditore si tolse la vita perché credeva che il magistrato lo avrebbe fatto arrestare, contrariamente a quanto avevano concordato nei giorni precedenti. Di Pietro si dice convinto che se avesse fatto arrestare Gardini la sera prima, probabilmente lo avrebbe salvato. Questa ipotesi del “tradimento” da parte di Di Pietro, però è stata respinta con fermezza dalla figlia di Gardini.

Antonio Di Pietro, come riporta il Corriere Romagna, condivise la sua personale ricostruzione dellle circostanze che portarono Gardini al suicidio: “Il vero casino nasce quando faccio il grande errore di non fidarmi di Gardini. Avevamo concordato tutto. Cosa Gardini dirà e che non sarà poi arrestato. Alle otto di mattina mi telefona l’avvocato e mi dice che stanno arrivando. Lui era già vestito, da quando riferisce il maggiordomo si affaccia e vede i carabinieri. Pensa che io l’abbia tradito e a quel punto, bum. È un attimo. Si è ammazzato perché era convinto che lo stavo arrestando”.

Raul Gardini

Nel 2013, dieci anni dopo la morte di Raul Gardini, Di Pietro raccontò anche: “Per me fu una sconfitta terribile La morte di Gardini è il vero, grande rammarico che conservo della stagione di Mani pulite. Per due ragioni. La prima: quel 23 luglio Gardini avrebbe dovuto raccontarmi tutto: a chi aveva consegnato il miliardo di lire che aveva portato a Botteghe Oscure, sede del Pci; chi erano i giornalisti economici corrotti, oltre a quelli già rivelati da Sama; e chi erano i beneficiari del grosso della tangente Enimont, messo al sicuro nello Ior. La seconda ragione: io Gardini avrei potuto salvarlo. La sera del 22 luglio, poco prima di mezzanotte, i carabinieri mi chiamarono a casa a Curno, per avvertirmi che Gardini era arrivato nella sua casa di piazza Belgioioso a Milano e mi dissero: “Dottore che facciamo, lo prendiamo?”. Ma io avevo dato la mia parola agli avvocati che lui sarebbe arrivato in Procura con le sue gambe, il mattino dopo. E dissi di lasciar perdere. Se l’avessi fatto arrestare subito, sarebbe ancora qui con noi”

“Mi precipito in piazza Belgioioso, in cinque minuti sono già lì.” – proseguì Di Pietro – “Entro di corsa. Io ho fatto il poliziotto, ne ho visti di cadaveri, ma quel mattino ero davvero sconvolto. Gardini era sul letto, l’accappatoio insanguinato, il buco nella tempia». E la pistola sul comodino. Ma solo perché l’aveva raccolta il maggiordomo, dopo che era caduta per terra. Capii subito che sarebbe partito il giallo dell’omicidio, già se ne sentiva mormorare nei conciliaboli tra giornalisti e pure tra forze dell’ordine, e lo dissi fin dall’inizio: nessun film, è tutto fin troppo chiaro”

“Nella vicenda di Gardini non ci furono neanche vincitori; quel giorno abbiamo perso tutti”

La famiglia di Gardini non gradì queste considerazioni con la risposta dell’avvocato Giovanni Maria Flick che è testimone di questo loro dissentire: “È una ricostruzione basata su un ‘teorema dei se’. E sono cose rivolte a un uomo che non può più difendersi”. La figlia di Gardini scrisse poi proprio a Di Pietro: “Mi sono decisa a scriverle unicamente perché il dolore che le sue parole hanno riacceso mi soffoca. Raul Gardini, prima di tutto era un padre amorevole e affettuoso, sempre presente anche quando lontano, leale e coraggioso”.

Ancora oggi a trent’anni dalla morte di Raul Gardini e di quelle parole di Antonio Di Pietro si parla di quanto accadde quel caldo 23 luglio.

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