Il ragionier Ugo Fantozzi è l’emblema dell’uomo medio, il personaggio che, nel corso degli anni, ha dato un volto ed una sostanza alla categoria dei “perdenti” in cui si specchia la maggioranza degli uomini. Ma com’è nato quest’uomo capace di racchiudere in se un cuore comico ma anche profondamente melanconico? La data di nascita di Fantozzi è il 1968. La stessa in cui Paolo Villaggio pubblica una serie di racconti per la rivista L’Espresso.
Nelle loro pagine si racconta la quotidianità tragicomica di un impiegato medio, tendenzialmente sfortunato e spesso umiliato il cui cognome è stato preso in prestito da un impiegato della Cosider, collega di Villaggio negli anni in cui lavoravano insieme. Elemento fondamentale, però, è il tono ironico e satirico utilizzo per riflettere la realtà della burocrazia italiana. Grazie a questo particolare connubio, dunque, i racconti ottengono immediatamente un grande successo tanto che, nel 1971 , vengono raccolti in un solo libro intitolato proprio Fantozzi. Anche la raccolta conquista l’attenzione di un pubblico di lettori piuttosto ampio tra cui spicca l’Unione Sovietica. Qui, infatti, Fantozzi conquista addirittura il premio Gogol. Un’esperienza che, nel corso degli anni ha ricordato con queste parole:
La parte comica venne fuori in un certo senso come eredità di un mio soggiorno a Londra da cameriere e poi successivamente come cabarettista in navi da crociera, quella più tragica dal mio lavoro alla Cosider come impiegato. Fantozzi coglieva il lato tragico dell’italiano medio, talmente tragico da far ridere. In quell’Italia così competitiva di quegli anni sembrava un pagliaccio, un clown da circo, quasi un estraneo, mentre ora ci si può riconoscere tutti, persino con gratitudine.
La consacrazione del grande schermo
Dalle pagine del libro al grande schermo il passaggio è stato veramente breve. Così, nel 1975, Fantozzi conquista le sale grazie alla regia di Luciano Salce e all’interpretazione dello stesso Villaggio. D’altronde, chi meglio di lui poteva vestire i panni della creatura che aveva creato?
Il film non si rivela “una cagata pazzesca“, tanto per parafrasare una delle celebri battute attribuite al ragioniere. Anzi, il suo incredibile successo di pubblico è la base di lancio ideale per altri sequel capaci di rendere il protagonista e la sua famiglia, formata da moglie (Liù Bosisio prima e Milena Vukotic poi), figlia e colleghi. “Maschere” capaci di rappresentare e riflettere il quotidiano, oltre che la condizione della società italiana di quel momento. Per non parlare dei limiti di quell’italiano medio schiacciato ancora dalla burocrazia e dagli stretti dettami che lo immobilizzano all’interno di un’esistenza tracciata senza possibilità di fuga se non il sogno “proibito” di una signorina Silvani.