Il 9 giugno del 68 d.C. Nerone si toglieva la vita pugnalandosi alla gola con l’aiuto del suo segretario Epafrodito, pronunciando le celebri ultime parole “Qualis artifex pereo!” (“Quale artista muore con me!”). Con la sua morte si chiudeva definitivamente la dinastia giulio-claudia, inaugurando un periodo di instabilità noto come “l’anno dei quattro imperatori”.
Negli ultimi mesi del 68 d.C., la posizione di Nerone era diventata insostenibile. Le rivolte nelle province, guidate da governatori come Galba in Spagna e Vindice in Gallia, avevano minato l’autorità imperiale. La situazione precipitò quando anche i pretoriani, tradizionalmente fedeli all’imperatore, iniziarono a mostrare segni di insubordinazione.
Abbandonato da tutti, Nerone fuggì dalla città con pochi fedelissimi e si rifugiò in campagna. La sua destinazione finale fu la villa suburbana del liberto Faonte, situata nei pressi di Roma. Questa fuga rappresentava la fine di ogni speranza di mantenere il potere: il Senato aveva già votato la sua deposizione e la damnatio memoriae.
Le fonti antiche, in particolare Svetonio, descrivono gli ultimi istanti di Nerone con dettagli che rivelano la complessità del personaggio. La scelta del suicidio non fu casuale: in epoca romana rappresentava un modo per evitare l’umiliazione pubblica e mantenere un minimo di dignità.

Teatrale fino alla fine, prima di morire, secondo Svetonio, pronunciò la frase “Qualis artifex pereo!” (“Quale artista muore con me!”). Egli tentò di conficcarsi un pugnale in gola ma invano. Fu allora il suo liberto Epafrodito ad aiutarlo spingendo l’arma fino in fondo.
Nato ad Anzio il 15 dicembre del 37 d.C. da Agrippina Minore e Gneo Domizio Enobarbo, il futuro imperatore era discendente diretto di Augusto e della Gens Giulia. Il suo vero nome era Lucio Domizio Enobarbo, che cambiò quando fu adottato dall’imperatore Claudio.
Nerone divenne imperatore nell’anno 54, quando aveva solo diciassette anni. La sua ascesa al trono fu orchestrata dalla madre Agrippina, donna ambiziosa che non esitò a ricorrere a metodi estremi. Claudio morì il 12 ottobre del 54 d.C., probabilmente avvelenato da Agrippina con dei funghi velenosi, aprendo la strada al regno del figlio.
I primi anni di governo furono caratterizzati dall’influenza di figure come il prefetto del pretorio Burro, che tentarono di guidare il giovane imperatore verso una politica moderata. Nerone ebbe come maestro il filosofo stoico Seneca, che lo seguì anche durante il regno.
Con la sua morte si aprì la prima grave crisi per l’Impero. La scomparsa dell’ultimo rappresentante della dinastia giulio-claudia innescò una guerra civile che vide succedersi quattro imperatori in un solo anno: Galba, Otone, Vitellio e infine Vespasiano, che riuscì a portare stabilità.
La figura di Nerone rimane una delle più controverse della storia romana. Se da un lato le fonti antiche lo dipingono come un tiranno sanguinario e megalomane, attribuendogli l’incendio di Roma, dall’altro gli storici moderni hanno rivalutato alcuni aspetti del suo regno, riconoscendo i suoi meriti nella promozione delle arti e nella politica edilizia.