Ogni anno il 25 aprile si festeggia il giorno della Liberazione. Ma perché si chiama così e, soprattutto, per quale motivo è stata scelta proprio questa data? Per comprendere il motivo per cui è stata utilizzata proprio la parola liberazione basta far riferimento agli avvenimenti storici del secondo conflitto mondiale. In questo modo, infatti, è possibile identificare proprio la liberazione dell’Italia da parte dell’occupazione nazista e la caduta definitiva del fascismo.
In questo modo si chiude una delle pagine più terribili della Seconda Guerra Mondiale. Che, alle sofferenze per l’oppressione tedesca, ha aggiunto anche quelle di una guerra intestina e civile tra italiani tra partigiani e repubblichini. Per quale motivo, però, è stato scelto proprio il 25 aprile come data per celebrare la libertà e l’apertura ad una visione democratica della vita politica e civile?
La ritirata dei tedeschi
Si tratta, in realtà di un giorno simbolico. In questa data è iniziata la ritirata dei tedeschi e dei soldati della Repubblica di Salò da Milano e Torino. In seguito allo sfondamento della Linea Gotica da parte degli alleati e all’azione della Resistenza. La celebrazione è stata proposta dal presidente del Consiglio Alcide De Gasperi nel 1946 ed accolta dal re Umberto II. Attraverso un decreto, infatti, questo dichiarò il 25 aprile 1946 come festa nazionale dedicata proprio alla liberazione del popolo italiano.
La ricorrenza è stata celebrata anche negli anni successivi. Solamente nel 1949, però, è stata istituzionalizzata come festa nazionale insieme al 2 giugno, festa della Repubblica. Da alcuni anni, comunque, la celebrazione del 25 aprile sta scatenando più di una diatriba. Evidenziando la difficoltà di utilizzare il termine antifascista come rappresentativo di quel preciso momento e accadimento storico.
Che la Liberazione sia stato il risultato di una lotta partigiana contro l’occupazione nazista ed i rappresentanti repubblichini del fascismo è un fatto accertato e comprovato dalla Storia. Una guerra intestina e spesso fratricida che ha portato, inevitabilmente, ad avere due parti, vincitori e vinti, come accade in qualsiasi altro conflitto.
È un fatto altrettanto accertato, poi, che grazie a quella precisa azione da parte dei partigiani e della Resistenza, sono state create le condizioni migliori per poter, finalmente, accedere alla pratica della democrazia. La stessa che si fa garante della libera espressione, sostenendo il. valore stesso del contraddittorio, aspetto che, se non strumentale, è essenziale per far progredire la società.
Il 25 aprile divide?
Detto questo, dunque, perché il 25 aprile è una festività ancora così sentita e capace di creare diverse frizioni all’interno di un paese che, a quanto pare, non è riuscito a fare ancora pace con il suo passato? A spiegarlo nei migliore dei modi è stato il professore Alessandro Barbero, intervenuto anche a diMartedì per parlare di Liberazione.
La Seconda guerra mondiale ha rappresentato il momento in cui si è capito che il sistema secondo cui l’uomo forte comanda e il popolo ubbidisce porta alla catastrofe, all’orrore, alla distruzione totale e che la democrazia, con tutti i suoi difetti, è invece l’unico sistema che crea un ‘riparo’ per tutti.
Per questo non importa se i partigiani abbiano commesso dei crimini: avevano ragione comunque, stavano ad ogni modo dalla parte giusta e non erano uguali ai loro nemici. Lavorando su questo, non gridando al fascismo in senso astratto, si può andare avanti. Bisogna considerare concretamente quello che la democrazia ci consegna, perché è vero che ad oggi le democrazie ci offrono meno garanzie rispetto al passato, ma esse risultano preziose e inestimabili. Il 25 aprile del 1945 è il giorno in cui ufficialmente si è capito che in Italia saremmo stati una democrazia e non una dittatura ed è questo che bisogna continuare a ricordare adesso e per sempre.