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Home » Innovazione » Scienza » Dobbiamo preoccuparci di nuove tempeste solari? La NASA ha una risposta (ma non è quella che vorremmo)

Dobbiamo preoccuparci di nuove tempeste solari? La NASA ha una risposta (ma non è quella che vorremmo)

Una maxi esercitazione del 2024 ha rivelato che gli USA sono impreparati a fronteggiare una tempesta solare estrema.
Francesca FiorentinoDi Francesca Fiorentino10 Maggio 2025
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il sole nel cielo
il Sole nel cielo (fonte: Unsplash)
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Le aurore visibili anche in Italia lo scorso anno non sono state solo uno spettacolo affascinante: sono state un sintomo. La più potente tempesta geomagnetica degli ultimi vent’anni ha colpito la Terra a sorpresa, proprio un anno fa,  il 10 maggio 2024. E mentre la NASA simulava un disastro solare in una maxi esercitazione, si è trovata improvvisamente a viverne uno vero. La comunità scientifica ha imparato molto da quell’evento, ma ciò che è emerso non è rassicurante: siamo ancora troppo vulnerabili.

In quel frangente, una serie di gigantesche esplosioni solari hanno generato una tempesta di particelle cariche, chiamate CME, cioè espulsioni di massa coronale, che hanno colpito la Terra. Questa “tempesta Gannon”, così chiamata in memoria della fisica spaziale Jennifer Gannon, ha raggiunto il livello G5, il massimo sulla scala della NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), e ha colpito il nostro pianeta mentre era in corso un’esercitazione federale americana per simulare proprio questo tipo di emergenza.

La coincidenza ha fornito ai ricercatori un’opportunità senza precedenti: verificare sul campo la preparazione teorica. E i risultati sono stati allarmanti. Nonostante la Gannon Storm non abbia provocato danni catastrofici, ha comunque causato interruzioni elettriche, deviazioni nei voli intercontinentali, GPS agricoli fuori uso e satelliti in difficoltà. In orbita, la densità dell’atmosfera aumentata ha causato problemi di attrito per migliaia di satelliti. Alcuni sono entrati in modalità sicura, altri hanno dovuto compiere manovre correttive. Altri ancora, come il CubeSat CIRBE della NASA, sono rientrati prematuramente nell’atmosfera, perdendosi.

Sole
Sole (fonte: Unsplash)

Al suolo, la tempesta ha riscaldato la termosfera fino a oltre 2.100 °F (più di 1.100 °C), una temperatura molto superiore ai valori normali. Questo ha causato l’espansione dell’atmosfera, con conseguenze anche sul comportamento delle particelle nella ionosfera. Il risultato è stato un impatto mai osservato prima sul campo magnetico terrestre. Le sonde MMS e THEMIS-ARTEMIS hanno rilevato correnti elettriche e onde magnetiche più intense di qualsiasi altro evento negli ultimi 20 anni. Inoltre, sono stati scoperti due nuovi anelli temporanei di radiazione attorno alla Terra, potenzialmente pericolosi per astronauti e missioni spaziali.

Tutti questi effetti sono arrivati nonostante si sapesse in anticipo che una CME era diretta verso la Terra. Il problema, però, è che la parte davvero pericolosa della nube, cioè la direzione del suo campo magnetico,  può essere conosciuta solo mezz’ora prima dell’impatto, quando la CME attraversa il punto L1, un’area dello spazio a circa 1,5 milioni di km da noi, dove si trovano alcuni satelliti di monitoraggio. Questo margine di 30 minuti è troppo ristretto per organizzare risposte efficaci su larga scala.

L’esercitazione “Space Weather Tabletop” organizzata dalla NASA, dalla FEMA e da 30 agenzie federali ha confermato questo limite. I partecipanti si sono trovati a corto di dati, di protocolli comuni e di strumenti per decidere velocemente. In uno scenario simulato ambientato nel 2028, con astronauti della missione Artemis 4 in orbita lunare, la comparsa di un’enorme macchia solare e l’arrivo di diverse CME ha provocato caos nelle comunicazioni, blackout diffusi e difficoltà a localizzare i satelliti. Tutto questo ha mostrato come la mancanza di un sistema globale di risposta tempestiva a questi eventi può diventare un pericolo concreto per settori chiave: energia, trasporti, sanità, navigazione, emergenze. La prognosi non è buona, insomma, senza un miglioramento drastico delle nostre capacità previsionali, rischiamo di trovarci impreparati al prossimo evento.

La NASA e la NOAA hanno lanciato un appello chiaro. Servono più satelliti, nuove tecnologie per analizzare i dati in tempo reale, modelli previsionali più efficaci e protocolli di emergenza standardizzati, come quelli usati per uragani e terremoti. Solo così potremo affrontare con consapevolezza le tempeste solari future, che — secondo il ciclo attuale del Sole — potrebbero aumentare nei prossimi anni.

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