Negli ultimi anni, la dieta gluten-free ha guadagnato popolarità tra coloro che non hanno una diagnosi di celiachia o sensibilità al glutine. Tuttavia, diversi studi hanno dimostrato che una dieta priva di glutine non porta benefici particolari alle persone sane e, in alcuni casi, può persino aumentare il rischio di diabete di tipo 2 e malattie cardiovascolari a causa di un ridotto apporto di fibre integrali.
Il glutine è un complesso proteico presente in cereali come frumento, orzo e segale. La sua funzione principale è conferire elasticità e consistenza agli impasti, rendendolo essenziale nella panificazione e nella produzione di pasta e dolci. Nei soggetti celiaci, il glutine scatena una reazione autoimmune che danneggia la mucosa intestinale, compromettendo l’assorbimento dei nutrienti. La celiachia è una condizione cronica che richiede una dieta rigorosamente priva di glutine, anche in alimenti insospettabili, per evitare complicazioni come malnutrizione, osteoporosi e disturbi neurologici. Ma chi non ha questa problematica deve eliminare il glutine dalla sua alimentazione? La risposta è no.

Per la popolazione generale, non ci sono prove scientifiche che dimostrino che il glutine sia dannoso. Anzi, i cereali contenenti glutine sono una fonte importante di fibre, vitamine del gruppo B e minerali. Eliminare il glutine senza una necessità medica potrebbe portare a carenze nutrizionali e a un aumento del consumo di alimenti ultra-processati privi di glutine, spesso ricchi di zuccheri e grassi. Tuttavia, è vero che il glutine è una sostanza che può provocare risposte infiammatorie. Per questo, non eliminarlo, ma ridurlo leggermente può essere utile, anche solo per brevissimi periodi di tempo.
Esiste poi la cosiddetta, sensibilità al glutine non celiaca (NCGS). Alcune persone riferiscono sintomi gastrointestinali e sistemici simili a quelli della celiachia, pur non essendo celiache e senza mostrare segni di allergia al grano. Questa condizione è ancora oggetto di studio. Attualmente, non esistono biomarcatori specifici per diagnosticarla, e alcuni ricercatori ipotizzano che i sintomi possano essere legati ad altri componenti del grano, come i FODMAPs (oligosaccaridi fermentabili).