Le taglie nell’abbigliamento sono un’invenzione relativamente recente nella storia della moda. Prima del XIX secolo, infatti, gli abiti erano confezionati su misura. Ogni capo veniva adattato alle misure individuali del cliente. La nascita del sistema delle taglie è strettamente connessa con lo sviluppo dell’industrializzazione e con la nascita della produzione di massa.
Il primo tentativo di creare un sistema di taglie risale al XIX secolo, in ambito militare. Gli eserciti avevano bisogno di uniformi da distribuire rapidamente e in grandi quantità. Per farlo, vennero raccolte migliaia di misure corporee, da cui si ricavarono medie statistiche da utilizzare come base per la realizzazione dei capi. Questo approccio venne poi esteso all’abbigliamento civile, in particolare maschile, dove le proporzioni corporee erano considerate più omogenee rispetto a quelle femminili.
Nel caso dell’abbigliamento femminile, la creazione di un sistema di taglie si rivelò più complessa. Le forme corporee delle donne, più variabili in termini di proporzioni tra busto, vita e fianchi, rendevano difficile una classificazione standard. Fu negli anni ’40 che il governo statunitense commissionò uno studio volto a standardizzare le taglie per le donne. Lo studio, noto come O’Brien & Shelton Study (1941), raccolse oltre 15.000 misurazioni di donne americane. Tuttavia, i risultati non portarono a un sistema efficiente, anche a causa del fatto che molte misurazioni vennero eseguite su donne sottoposte a corsetti, alterando così la percezione delle reali proporzioni corporee.
Con il boom economico del dopoguerra, la produzione industriale dell’abbigliamento crebbe esponenzialmente e la necessità di taglie standardizzate si fece più pressante. Negli anni ’50 e ’60, molte aziende adottarono sistemi interni di taglie, che spesso differivano da brand a brand. Le taglie numeriche (es. 42, 44, 46) coesistevano con quelle letterali (S, M, L), creando una varietà che ancora oggi genera confusione.
A partire dagli anni ’80, poi, le taglie hanno subito un’ulteriore trasformazione dovuta al fenomeno del Vanity Sizing. Si tratta di una strategia di marketing che consiste nel ridurre il numero indicato sull’etichetta rispetto alle reali dimensioni del capo, con l’obiettivo di gratificare il consumatore. Questo ha portato a una progressiva “inflazione delle taglie”: una 44 degli anni ’70 oggi corrisponde spesso a una 40.
Nonostante alcuni tentativi di regolamentazione, come il sistema europeo EN 13402 e la norma italiana UNI 11402, non esiste oggi uno standard universale vincolante. Le taglie continuano a variare sensibilmente a seconda del paese e del marchio. La crescente popolarità dell’e-commerce ha accentuato il problema, portando molti brand a proporre strumenti personalizzati di misurazione e tabelle dettagliate per guidare i consumatori.