Si chiama David Katoatau e il suo nome potrà non dirvi molto. È un sollevatore pesi che ha rappresentato Kiribati, stato insulare dell’Oceania, a tre edizioni dei Giochi Olimpici. Nella fattispecie, Pechino 2008, Londra 2012 e Rio de Janeiro 2016. In questi giorni è tornato a essere virale sui social per una sua caratteristica meravigliosa: la danza liberatoria che fece a Rio, nonostante la sconfitta. Un gesto, spontaneo, liberatorio e genuino, che per Katoatau aveva uno scopo ben preciso: sensibilizzare l’opinione pubblica sul Climate Change. E su un problema gravissimo di cui poco si parla, l‘innalzamento degli oceani che minacciavano e minacciano tuttora la sua nazione. In quell’occasione, raccontò a Reuters, in una dichiarazione riportata da Time:
“La maggior parte delle persone non conosce la mia Nazione. Per questo ballo dopo ogni sollevamento, per incuriosire le persone e darle uno stimolo per interessarsi a Kiribati“.
E in una lettera aperta, scritta in occasione di una riunione della Commonwealth Games Federation aggiunse:
“L’anno scorso mi costruii l’unica casa che potevo permettermi – una tebuia, una capanna tradizionale – di fianco a quella dei miei genitori. Pochi mesi dopo venne distrutta dalle onde. […] Le scuole che ho visitato a Kiribati e le migliaia di bambini che ho incontrato aspirano ad essere qualcosa di grande. Come posso mentire e dirgli che i loro sogni sono possibili, quando la nostra nazione sta scomparendo?“.
La danza ebbe origine ai Giochi del Commonwealth di Glasgow, in Scozia, nel 2014, dove vinse l’oro nei 105 kg del gruppo A. Così, se oggi un quarto posto come quello di Benedetta Pilato che ha mancato il bronzo olimpico per un solo centesimo, nei 100 rana, scatena polemiche dannose, e viene per così dire sminuito, Katoatau ci dimostra che si può rimettere tutto nella prospettiva giusta. E usare un palcoscenico così importante, per degli scopi altrettanto importanti. Sempre col sorriso sulle labbra.