La No Buy Challenge è una tendenza virale che invita a ridurre o eliminare gli acquisti non essenziali per un periodo definito, spesso un mese o un intero anno. Promossa soprattutto dalla Generazione Z, formata da ragazze e ragazzi nate e nati tra il 1997 e il 2012, questa sfida risponde a un mix di preoccupazioni economiche, ambientali e sociali, riflettendo un cambiamento culturale verso consumi più consapevoli.
Questa sfida è un impegno volontario a non acquistare beni non indispensabili per un periodo prestabilito, che può variare da un mese (ad esempio il “No Buy January”) a un anno intero (“No Buy Year”). Non si tratta di un’astinenza totale dagli acquisti, ma di una riflessione critica su cosa sia davvero necessario. Spese come cibo, medicine, affitto o trasporti sono considerate essenziali e quindi escluse dalla sfida. Ogni partecipante definisce regole personalizzate: alcuni evitano solo categorie specifiche, come abbigliamento o cene fuori, mentre altri adottano un approccio più radicale, eliminando qualsiasi acquisto superfluo.

Il trend, nato su TikTok, si inserisce in un contesto di movimenti anti-consumismo come il “deinfluencing” (ridimensionare l’influenza degli influencer) e l’“underconsumption core” (consumare il minimo indispensabile). Su TikTok, hashtag come #nobuy e #nospend2025 hanno generato migliaia di video, con un aumento del 270% tra Natale 2024 e fine anno.
Le regole della No Buy Challenge sono flessibili e dipendono dagli obiettivi personali. Alcuni scelgono di limitare gli acquisti online e di favorire quelli nei negozi fisici. O di identificare acquisti evitabili, come cene d’asporto o viaggi in Uber ed evitare l’acquisto emotivo.
Un consiglio pratico condiviso sui social è tenere un fondo di emergenza per spese impreviste, così da non abbandonare la sfida. Inoltre, se si “rompe” la regola con un acquisto non essenziale, l’importante è non mollare, ma riprendere il percorso.
La popolarità della No Buy Challenge tra la Gen Z si spiega con una combinazione di fattori economici, psicologici e culturali. Oltre a un caro vita certificato, questa società sta proponendo sfide ambientali difficili da ignorare. Sfide che la Gen Z accoglie sempre volentieri, anche come atto di rifiuto del consumismo.
In quest’ottica possiamo considerare il boom degli acquisti di seconda mano (il cosiddetto thrifting), sia per quello che riguarda la moda che per altri oggetti di uso comune.