La psicoterapeuta Virginia Ciaravolo ha stilato, sulle colonne del quotidiano Il Messaggero, un possibile profilo psicologico della persona che ha scuoiato Leone, un gatto di Angri, morto tra atroci sofferenze, un episodio che ha sconvolto l’opinione pubblica. Una premessa, questa, necessaria e ben esplicitata da Ciaravolo, secondo cui, in sostanza, al momento non sono disponibili elementi sufficienti a definire un vero profilo criminologico, ma è possibile fare delle ipotesi.
“Chiaramente non è stato trovato né il colpevole né i colpevoli. Un profilo sulla persona che ha commesso quella cosa terribile non lo possiamo tracciare. Gli elementi, al di là del fatto cruento, sono minimi”
Quelle che seguono, dunque, sono solo ipotesi, maturate peraltro semplicemente osservando il video dell’aggressione postato su Internet: “Potrebbe essere opera di giovani. È un indice di crudeltà immane, mancanza di empatia. Noi che ci occupiamo di violenza di genere mettiamo tra le caratteristiche di quello che potrebbe sviluppare in futuro delle violenze nei confronti delle donne gli uccisori di animali, per cui è un indicatore per noi molto importante. Ho guardato il video e si vede il gattino che ha sofferto veramente le pene dell’inferno, che si lamentava e miagolava all’inverosimile. Per cui si presume che dall’altra parte ci sia un godimento, quindi un sadismo immane. Persone che non sottostanno alle regole“.
Dal caso specifico, poi, si passa a considerazioni più generali, sull’evoluzione psicologica dei giovani, e sulla possibilità pericolosità sociale di determinate figure: “Sicuramente una persona pericolosa in divenire, lo è già oggi. Perché quello che ha compiuto è un fatto nefando. Ha grosse possibilità di diventare in un futuro prossimo un violento, se non lo è già. Se parliamo di violenza in generale, sono sicuramente persone che manifestano delle caratteristiche ben precise. Sono persone che hanno difficoltà nell’integrazione, che paradossalmente possono avere un doppio profilo: o agiscono in solitaria o in gruppo (perché il gruppo dà la forza, è un po’ come nello stupro). Agiscono per la banalità del male, per crudeltà gratuita. L’uccisione di un gattino è fatta solo per mera crudeltà. Si vuole far soffrire l’altro e quella sofferenza porta poi godimento. È una persona sicuramente frustrata, probabilmente è anche dedita ad utilizzare sostanze stupefacenti. Non è però una persona che ha un lampeggiante [la cui patologia è evidente, ndr], per cui potrebbe essere una persona che normalmente si vive una vita e poi ha questi momenti di crudeltà. Però, ripeto, lo ritroviamo in genere nei gruppi giovanili, le classiche bande“.
Quello che secondo Ciaravolo è praticamente certo, è il fatto che l’aggressione al gatto Leone, per chi l’ha compiuta, non sia la prima, ma l’ultima di una lunga serie: “Questo tipo di crudeltà mi fa venire in mente che probabilmente coloro o chi ha compiuto questo gesto non era sicuramente alla prima esperienza. Perché poi il gatto è l’animale per eccellenza indipendente, autonomo, che non ci lascia fare coccole. Quindi anche tenerlo si presume che ci sia una presa, che sia comunque una persona abituata a mantenere un’animale come un’anguilla. Probabilmente chi lo ha fatto, lo ha fatto anche in precedenza. Ed è per questo che è di fondamentale importanza trovare il responsabile o i responsabili“.
Ma chi compie violenze sugli animali rischia di fare male ad altri esseri umani?: “Il profilo di chi ha commesso questa nefandezza ritengo sia altamente pericoloso perché il passaggio dall’animale all’umano e molto facile. La distanza è flebile“.
Si tratta, comunque, sempre e solo di speculazioni: “Noi non abbiamo un volto, non abbiamo nulla. Sicuramente troviamo una sociopatia nei serial killer e la possiamo ritrovare anche nell’uccisione di animali. Però a dire che la persona o le persone che hanno commesso queste cose sono sociopatici, mi sembra di allargarmi troppo“