Sexgate è una parola inglese che significa letteralmente scandalo sessuale e negli ultimi giorni viene associata alla Roma poiché qualche mese fa una dipendente della società giallorossa è stata licenziata in seguito alla diffusione di un video intimo, girato con il fidanzato, da parte di un giocatore della squadra Primavera.
La donna e il suo compagno sarebbero stati allontanati per “incompatibilità ambientale”. Da più parti, invece, il comportamento della Roma è stato biasimato per aver colpevolizzato dell’accaduto la parte lesa. Senza prendere alcun provvedimento per il giovane calciatore che, entrato in possesso del filmato incriminato, lo ha diffuso a macchia d’olio tra i suoi contatti. La sottrazione del video sarebbe avvenuta oltre un anno fa, mentre il licenziamento risale a novembre.
L’intera vicenda del giocatore della Roma che ha diffuso il video di una dipendente della società è al momento al vaglio della Procura Federale, ovvero del settore giustizia della Federazione Italiana Giuoco Calcio. Il procuratore capo Giuseppe Chinè, che ha già ascoltato gli addetti alla sicurezza del centro sportivo di Trigoria, parlerà oggi con la diretta protagonista, in un luogo coperto da massimo riserbo. A breve potrebbe essere ascoltata anche la Ceo romanista Lina Souloukou.
In realtà il procuratore della FIGC non indagherà sul licenziamento della donna, che non è di pertinenza della Procura Federale. Quanto sulla possibile violazione dell’articolo 4 del Codice di Giustizia Sportiva, che impone il rispetto dei principi di “lealtà, correttezza e probità”. La Roma sarebbe indagata per “responsabilità oggettiva”.
Al momento non si prevedono sanzioni sportive per la società giallorossa. Per quanto riguarda la questione penale, invece, la legge 69 del 19 luglio 2019, ha introdotto il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti. La pena per chi, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è la reclusione da uno a sei anni e la multa da 5 mila a 15 mila euro. La pena si estende anche a chi ha diffuso il materiale in seconda battuta.
Ricordiamo che il termine sexgate fu ampiamente usato nel ’98, ai tempi dello scandalo che vide coinvolti l’allora presidente degli USA Bill Clinton e una stagista, Monica Lewinski. Oggi Lewinski è impegnata in diverse attività professionali ed è anche autrice televisiva.