Il 26 luglio 1928 nasceva a New York Stanley Kubrick, il regista che più di ogni altro ha ridefinito il concetto di autore. Sì, spesso i superlativi sono usati a sproposito, ma nel caso di Kubrick nessun aggettivo riesce a cogliere la sua grandezza. Prova ne è l’assoluta deferenza che colleghi e attori provavano per lui. Che nel 1997 fu premiato con il D.W. Griffith Award alla carriera, uno dei riconoscimenti più prestigiosi che un regista possa avere. Intitolato a colui che di fatto creò il cinema come industria.
Kubrick non fu presente, perché stava girando a Londra Eyes Wide Shut, il suo ultimo film, ma mandò un video di ringraziamento con un discorso memorabile. Il punto più bello, quello in cui parlò del mito di Icaro come metafora della carriera di Griffith, ma diremmo anche del cinema. Kubrick si chiedeva se la morale della storia non dovesse essere “non volare troppo in alto“, ma “la prossima volta lavora meglio sulle ali“. Sappiamo benissimo quale risposta avrebbe scelto.
Ecco la traduzione completa del discorso
“Buona sera. Mi dispiace di non poter essere con voi questa sera per ricevere il D.W.Griffith Award che costituisce per me un grande onore, ma mi trovo a Londra dove sto girando Eyes Wide Shut con Tom Cruise e Nicole Kidman. Proprio in questo momento probabilmente mi troverò in macchina sulla strada per lo Studio. Cosa che mi riporta alla mente una conversazione che ho avuto con Steven Spielberg, su quale fosse la cosa più difficile e rischiosa quando si dirige un film. E credo che Steven l’abbia riassunta come meglio non si potrebbe. Lui pensa che la cosa più difficile e impegnativa, quando si dirige un film, sia scendere dalla macchina. Sono sicuro che voi tutti conosciate la sensazione.
Ma allo stesso tempo, chiunque abbia avuto il privilegio di dirigere un film sa anche che, sebbene possa essere un’esperienza simile a quella di scrivere Guerra e pace in un autoscontro in un parco giochi, quando finalmente va in porto, non ci sono molte gioie nella vita che possano eguagliare questa sensazione. Penso che ci sia un’intrigante ironia intitolare a David Wark Griffith un riconoscimento all’attività di tutta una vita, perché la sua carriera costituisce una parabola sia esemplare che ammonitrice. I suoi film migliori saranno sempre annoverati tra i più importanti mai realizzati, e alcuni di essi gli hanno fatto guadagnare una grande quantità di denaro. Egli ha enormemente contribuito a trasformare i film da spettacolo da Nickelodeon in una forma d’arte, e ha dato origine e formalizzato molta della sintassi cinematografica ormai data per scontata. È diventato una celebrità internazionale, e la sua influenza si è estesa a molti artisti di punta e uomini di governo dell’epoca.
Ma Griffith era sempre pronto a prendere rischi tremendi nei suoi film e nelle questioni d’affari a volare troppo in alto. E alla fine, le ali della fortuna, per lui, come quelle di Icaro, hanno dimostrato di essere fatte di nient’altro che cera e piume. E come Icaro, quando è volato troppo vicino al Sole, si sono sciolte. Così, l’uomo la cui fama aveva superato quella dei più illustri registi di oggi, ha trascorso gli ultimi 17 anni della sua vita bandito dall’industria cinematografica che aveva creato. Ho paragonato la carriera di Griffith al mito di Icaro, però non sono mai stato certo se la morale della storia di Icaro dovesse essere, come generalmente si ritiene, “non cercare di volare troppo alto”. O piuttosto “lascia stare la cera e le piume e lavora meglio sulle ali”. Una cosa comunque è sicura: D.W. Griffith ci ha lasciato un eredità esemplare e affascinante, e il premio a lui dedicato è uno dei più grandi onori che un regista possa ricevere. Qualcosa per cui io, umilmente, vi ringrazio moltissimo“.