Il termine “chokehold” si riferisce a una tecnica di sottomissione utilizzata in vari sport da combattimento e nelle arti marziali, come il judo e il Brazilian Jiu-Jitsu. Questa manovra implica l’applicazione di pressione sul collo dell’avversario, con l’obiettivo di limitare o interrompere il flusso d’aria (soffocamento) o di sangue (strangolamento) al cervello, inducendo così la perdita di coscienza.
Esistono principalmente due categorie di chokehold:
- Blood chokes (strangolamenti sanguigni) che mirano a comprimere le arterie carotidi, riducendo il flusso sanguigno al cervello. Se eseguiti correttamente, possono causare perdita di coscienza in pochi secondi.
- Air chokes (soffocamenti aerei) e consistono nella compressione della trachea, ostacolando la respirazione. Questa tecnica è più dolorosa e può richiedere più tempo per indurre l’incoscienza o il decesso.
Il chokehold è comunemente usato in discipline come il judo, il Brazilian Jiu-Jitsu e la lotta libera per immobilizzare l’avversario e ottenere la vittoria. Tuttavia, il suo utilizzo in contesti di ordine pubblico è controverso. Alcuni corpi di polizia hanno storicamente impiegato questa tecnica per immobilizzare sospetti, ma molti governi e istituzioni ne hanno vietato l’uso a causa della pericolosità e dei numerosi casi di decessi correlati. Negli ambiti sportivi, invece, è regolamentato. Gli atleti vengono addestrati a rilasciare immediatamente la presa una volta che l’avversario perde conoscenza o si arrende.
Il chokehold nel caso di Liliana Resinovich

Il chokehold è stato menzionato nel contesto della morte di Liliana Resinovich, un caso che ha sollevato molte domande e ipotesi. Secondo le ricostruzioni, questa tecnica potrebbe essere stata impiegata per privarla di ossigeno, portandola alla morte per asfissia.
Resinovich, 63 anni, scomparve da Trieste il 14 dicembre 2021 e fu ritrovata senza vita il 5 gennaio 2022 in un’area boschiva vicino all’ex Ospedale Psichiatrico. Il corpo era avvolto in sacchi di plastica, ma senza segni evidenti di violenza. Inizialmente si ipotizzò un suicidio, ma successive analisi misero in dubbio questa teoria. La perizia medico-legale stabilì che la donna morì per asfissia, con sospetti su una possibile morte per soffocamento. L’ultima perizia condotta anche dall’anatomopatologa Cristina Cattaneo ha escluso definitivamente il suicidio, confermando che Liliana sarebbe stata uccisa in un contesto ancora da chiarire. Si parla di:
“Manovra di afferramento da tergo con incavo dell’avambraccio dell’aggressore che avvolge il collo“. Una combinazione di fattori “prospettabile in caso di soffocazione esterna diretta con afferramento e compressione almeno di una parte del volto, specie se inserita in un contesto di colluttazione o comunque di movimenti compiuti dalla donna nel tentativo di divincolarsi e di immobilizzare da parte dell’aggressore“.
L’uso improprio del chokehold può avere conseguenze fatali, con possibili danni cerebrali irreversibili entro pochi minuti a causa della privazione di ossigeno.