Si chiama KP.3 ed è la nuova variante del Covid, derivante dalla JN.1, che nelle ultime ore si sta diffondendo negli Stati Uniti, provocando una certa preoccupazione. Per dare qualche numero, al momento costituisce tra il 16% e il 37% di tutti i casi Covid-19 del Paese. L’incremento, rispetto ai dati di maggio che facevano registrare un 9,4% dei casi, è dunque altissimo. Solo nella contea di Los Angeles, i contagi sono aumentati giornalmente da 106 a 121. Con aumento dei ricoveri da 102 a 126 al giorno.
In cosa si caratterizza questa mutazione? La variante KP.3 ha una maggiore capacità di trasmissione. Questo fattore è legato alle tre specifiche mutazioni sulla proteina S o Spike, che per semplificare potremmo definire il gancio il virus del Covid sfrutta per attaccarsi alle cellule umane e infettarle. In questo modo, KP.3 elude le difese immunitarie sia dei vaccinati che di chi ha avuto precedenti infezioni. Dunque, nessuno sarebbe protetto dalla nuova infezione.
I sintomi di KP.3 sono quelli classici, ma possono variare da persona a persona: febbre, brividi, tosse, difficoltà respiratorie, dolori muscolari, cefalea, perdita o alterazione di gusto e olfatto, naso che cola e problemi gastrointestinali.
Il fattore aereo
A quanto risulta dagli studi epidemiologici in corso, KP.3 e le sua sotto variante KP.3.1.1 starebbe viaggiando velocissima a bordo degli aerei. E sarebbe stata rilevata negli aeroporti americani, qualche giorno fa, l’11 giugno, su voli provenienti da vari paesi. Tra cui Francia, Germania, Italia, Giappone, Regno Unito e Spagna (che ne ha il maggior numero). In particolare, il caso italiano riguarderebbe una donna individuata durante uno screening aeroportuale nello Stato di Washington.
Inutile e prematuro diffondere allarmismo ora. Tuttavia, nel caso doveste fare viaggi nei prossimi giorni, indossare a bordo delle mascherine FFP2 non è una precauzione inutile.
Ricordiamo che KP.3 è stata individuata ed isolata l’11 febbraio scorso e a maggio è entrata a far parte delle varianti da monitorare dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Fortunatamente, si tratta di una variante è molto meno mortale, anche grazie alla protezione offerta dai vaccini e all’immunizzazione diffusa.