L’alessitimia è un disturbo che ad oggi interessa diverse persone che spesso non hanno neanche intrapreso percorso terapeutico. Questo disturbo implica il fatto che le persone che ne soffrono non sanno riconoscere né le proprie emozioni né quelle degli altri. Ma non solo: spesso hanno difficoltà a gestire gli stati d’animo quando emergono spontaneamente.
Questo tipo di disturbo è spiegato, in termini di neuroscienze, dal mancato collegamento tramite il corpo calloso (la parte che divide i due emisferi del nostro cervello) tra parte destra e sinistra. Mentre l’emisfero sinistro del nostro cervello è adibito alle funzioni logiche e strutturali, quello destro si occupa delle emozioni e delle fantasie. Nell’alessitimia appare evidente un malfunzionamento di quest’ultimo. Questo “difetto” può essere di natura organica, quindi presente da sempre, oppure di natura sociale.
E’ possibile che la persona alessitimica sia cresciuta all’interno di un contesto dove le emozioni e la loro gestione passava in secondo piano: la persona alessitimica ha di fatto sperimentato una mancanza di “istruzioni” su come affrontare la paura, la gioia o addirittura la tristezza e di come leggerla negli altri ed intervenire in maniera adeguata. Spesso è stata cresciuta da figure alessitimiche a loro volta.
Questo tipo di disturbo può aumentare la possibilità di perdere contatti sociali ed affettivi con le persone care: in caso di difficoltà o di un evento piacevole, la persona alessitimica potrebbe creare imbarazzi o perplessità nell’altro che ha bisogno di un alleato o semplicemente di essere compreso.
L’alessitimico può imparare il linguaggio dell’emotività attraverso la psicoterapia e l’allenamento ad una forma di meditazione interiore: sentire i propri stati d’animo, entrarci in contatto e capire come interagirci.
In un mondo come il nostro, dove le emozioni sono spettacolarizzate, imparare a sentire e a capire cosa succede nel nostro mondo interno può essere davvero… alternativo.