A soli 4 mesi Spencer Elden è diventato famoso per la sua presenza sulla cover del leggendario album dei Nirvana, Nevermind. Oggi, Elden è un artista, e a poco più di trent’anni (il disco uscì il 24 settembre 1991) continua a fare i conti con quell’immagine. Che ha dato vita a una vicenda legale ancora in piedi. Dopo il liceo Elden ha frequentato uno stage con l’artista Shepard Fairey. Ha poi frequentato l’ArtCenter College of Design di Pasadena, in California, e ora ha il suo studio di pittura.
A quanto riportato da Artnet, che cita un’intervista rilasciata nel 2016 a GQ Australia, proprio la sua professione avrebbe scatenato la diatriba coi Nirvana. Chiese ai componenti in vita della band, Dave Grohl e Krist Novoselic, se potessero partecipare a una mostra che stava organizzando, ottenendo un diniego. “Perché sono ancora sulla loro copertina se non mi filano?“, si legge.
Ed eccoci alla famigerata cover, croce e delizia della sua vita. Nello scatto Elden era in piscina, immerso nell’acqua per pochi secondi, e intento ad acchiappare un dollaro. In più di un’occasione, per la precisione nel 10.mo, 15.mo e 25.mo anniversario dell’uscita dell’album, aveva “ricreato” la copertina. Inoltre, tatuando la parola nevermind sul petto, a dimostrazione del grande legame con il disco.
Poi, lo strappo. Con la successiva decisione di far causa alla band perché riteneva che quella foto fosse pedopornografia. E che nessuno dei soggetti coinvolti nella creazione, ovvero il fotografo Kirk Weddle e l’art director responsabile della post produzione, avessero avuto i diritti di quell’immagine.
La prima causa ci fu nel 2021 e finì però in un’archiviazione nel settembre 2022. In seguito, la corte d’appello federale della California ha annullato l’archiviazione della causa che resta quindi tuttora aperta.
Secondo la cronaca dell’epoca l’idea della cover nacque dal frontman dei Nirvana, Kurt Cobain, morto suicida nel 1994, che tempo prima rimase impressionato da un documentario sulle nascite sottomarine. Pensò quindi a un’immagine di per sé molto dolce, quella di un paffuto lattante, resa però amaramente ironica dalla presenza di una banconota che faceva da esca. La foto diventò un’accusa al sistema musicale che in qualche modo sfruttava l’innocenza degli artisti, sporcandoli coi soldi. Incarnando alla perfezione lo spirito del grunge.