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Home » Spettacolo » Da Quarto potere ad Adolescence, che cos’è il piano sequenza e perché può essere deflagrante?

Da Quarto potere ad Adolescence, che cos’è il piano sequenza e perché può essere deflagrante?

Breve storia del piano sequenza, tecnica cinematografica che restituisce l'illusione della vita "nascondendo" il montaggio.
Martina SulasDi Martina Sulas29 Marzo 2025
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Un piano sequenza di Quarto Potere
Un piano sequenza di Quarto Potere (fonte: Breve Storia del Cinema/Flickr)
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Il piano sequenza è una tecnica cinematografica che prevede una ripresa continua e senza interruzioni, una modalità che ha avuto un impatto rivoluzionario grazie a Orson Welles in Quarto potere (1941). Teorizzato successivamente dal critico André Bazin, questa tecnica, insieme alla profondità di campo e al long take, è vista come un modo per restituire la realtà sullo schermo, superando i limiti imposti dal découpage, ovvero dalla scansione tradizionale delle sequenze a partire dalla sceneggiatura. Bazin lo considera un mezzo per rivelare la realtà, mentre il découpage la simula. Questa visione influenzò profondamente i cineasti della Nouvelle Vague, che adottarono il piano sequenza per una rappresentazione più fluida e naturale della realtà, lontana dalle rigidità emotive e narrative del montaggio classico.

Quarto potere
Una scena di Quarto potere (fonte: Style Magazine)

Bazin riteneva che il concetto di continuità nel cinema fosse espresso principalmente tramite due strategie: il découpage, che costruisce un effetto di realtà attraverso il montaggio, e il piano sequenza, che invece la restituisce senza interruzioni. Se il découpage è una simulazione della realtà, il piano sequenza tende alla sua rivelazione. Pur non rigettando completamente il montaggio, Bazin criticava l’uso del découpage classico, preferendo un approccio che organizzasse la scena in profondità di campo per una narrazione più aperta e naturale.

Un esempio emblematico di questa visione è il cinema di Roberto Rossellini. Nel Neorealismo, Rossellini porta il piano sequenza all’estremo, utilizzandolo non per intensificare la drammaturgia, come Welles o Wyler, ma per degerarchizzare la scena, eliminando punti di vista privilegiati e lasciando che la realtà emerga nella sua complessità. Con il tempo, il piano sequenza ha assunto diverse sfumature nel cinema moderno: il piano sequenza umanistico esplora la realtà a misura d’uomo, quello “mentale” crea una visione drammaticamente intensa, come in Omicidio in diretta (1998) di Brian De Palma, e il piano sequenza fenomenologico, che enfatizza l’esperienza e il tempo dello spettatore, come nei film della Trilogia della morte di Gus Van Sant influenzati dal cinema di Béla Tarr.

Una scena di Nodo alla gola con James Stewart
Una scena di Nodo alla gola con James Stewart – Fonte: Warner Bros

Nel corso degli anni, il piano sequenza si è evoluto da simbolo di continuità a tecnica versatile, utilizzata non solo per rappresentare la quotidianità dei personaggi in modo realistico ma anche come elemento spettacolare. Quando girato in tempo reale, spesso rappresenta la quotidianità in modo vivido, e può essere usato per aprire un film. Tuttavia, se la drammaturgia non è ben strutturata, rischia di risultare teatrale. Un esempio celebre è Nodo alla gola (1948) di Alfred Hitchcock, che cerca di simulare un piano sequenza per l’intero film. A causa delle limitazioni tecniche dell’epoca, il film è composto da undici piani sequenza, con stacchi camuffati per creare l’illusione di continuità. Nonostante l’effetto immersivo del set teatrale, il film non riesce a separarsi completamente dalla sua origine teatrale.

Un esperimento ancor più radicale è Arca russa (2002) di Aleksandr Sokurov, realizzato interamente con un unico piano sequenza. Per girarlo, è stata sviluppata una speciale camera digitale e il set ha coinvolto oltre 4500 persone. Il film segue un narratore invisibile e un diplomatico francese attraverso le stanze dell’Ermitage di San Pietroburgo, esplorando secoli di storia russa. L’uso esteso del piano sequenza rafforza l’idea di una continuità storica, amplificando il messaggio politico del film.

Una scena di Adolescence
Una scena di Adolescence (fonte: Netflix)

Si è tornati a parlare di questa tecnica grazie alla miniserie Adolescence (2025), dove ogni episodio è girato in un’unica ripresa continua. Questo approccio visivo accentua il tempo reale della narrazione, immergendo completamente lo spettatore nella storia e creando una forte urgenza nei suoi sviluppi. La realizzazione di ciascun episodio ha richiesto una pianificazione meticolosa, con numerose prove e simulazioni tecniche, durante le quali il direttore della fotografia coordinava i movimenti della telecamera. Ogni episodio, della durata di circa un’ora, è stato girato mediamente dieci volte, con due turni giornalieri. Nel montaggio, l’episodio è stato mantenuto come un’unica sequenza continua, senza tagli o modifiche digitali.

La serie esplora temi complessi come l’identità, la violenza e il rapporto tra genitori e figli, approfondendo la psicologia dei protagonisti senza interruzioni causate dal montaggio tradizionale. In Adolescence, il piano sequenza non è solo una scelta stilistica, ma un mezzo per esplorare la connessione tra i personaggi e il loro ambiente. Inoltre, la serie offre una riflessione sulla società moderna, i conflitti intergenerazionali e le difficoltà emotive adolescenziali. Il piano sequenza amplifica le emozioni e le esperienze dei protagonisti, conferendo alla narrazione un’intensità unica e unitaria.

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