Sophia Loren scontò una pena in carcere, a Caserta, il 19 maggio del 1982, per evasione fiscale. La pena risaliva al 1977, quando arrivò una condanna per irregolarità su un imponibile di 112 milioni. Una sanzione legata, secondo il Fisco, a un’omessa dichiarazione dei redditi relativi al 1974. Loren sfruttò la legge di condono fiscale del 1982 per regolarizzare la sua posizione, presentando una dichiarazione integrativa con un importo inferiore rispetto a quello accertato dal Fisco. Che, appunto per questo, contestò l’importo e considerò la dichiarazione originale omessa, applicando una percentuale di condono più alta.
Nonostante le Commissioni di primo e secondo grado le avessero dato ragione, la Commissione tributaria centrale di Roma aveva dichiarato legittima la liquidazione del condono con l’imponibile al 70%. L’attrice napoletana, che a quel tempo, viveva in Svizzera, e poi si trasferì in America, su consiglio dei suoi avvocati decise di andare in prigione. Il mese di reclusione comminato, però, si ridusse a 17 giorni per buona condotta.
Durante i quali la casa circondariale campana si trasformò in una succursale di Cinecittà, presa d’assalto com’era da paparazzi e semplici fan. Le responsabilità fiscali saranno poi attribuite al suo commercialista. Dopo aver presentato ricorso nel 2013 la Corte di Cassazione diede ragione alla star specificando che non sarebbe dovuta andare in carcere. Disse:
“Il miracolo della giustizia: quando non ci credi più trova un modo di ridarti speranza. È una vicenda vecchia di 30 anni fa in cui ho avuto finalmente ragione“.
Eppure, ancora oggi quel momento viene ricordato come uno dei passaggi più significativi della vita di Sophia Loren, pseudonimo di Sofia Scicolone. Che fu una diva anche tra quelle mura. Racconta Liliana De Cristofaro, ex direttrice del carcere femminile di Caserta, nel suo libro Donna dietro le sbarre:
“Quando arrivò, in quel giorno di maggio, il personale – che di solito era carente – era tutto presente. Anche in cella indossava tacchi alti e lunghe ciglia finte. Ogni giorno arrivavano mille rose rosse per lei, i giornalisti raccontavano che in carcere avesse condizioni particolari, che mangiasse in un ristorante, ma non era così. Mi chiedevano ‘Cosa mangia la Loren?’ e io rispondevo loro che la Loren era magrissima, mangiava un uovo sodo, insalata e un po’ di frutta. Sofia passava le sue giornate leggendo i giornali e rispondendo alle tantissime lettere che le arrivavano.
Parlò poco, non espresse giudizi, non avanzò richieste, non formulò lagnanze e questo fu il suo comportamento durante tutta la detenzione. Era consapevole del fatto che a coloro che sono considerati privilegiati dalla vita non viene riservato il diritto di compiangersi quando qualcosa non va per il verso giusto“.
In carcere andò a trovarla solo la sorella Maria (madre di Alessandra Mussolini), una volta però arrivò la telefonata dell’amico di una vita, Marcella Mastroianni. Di quei giorni Loren parlò sempre con particolare commozione:
“Mi hanno trattata bene, ma non dimentico il rumore della porta che si chiude, quel tonfo che fa male quando sai di non avere le chiavi“.