Fredy Guarín, colombiano, è stato un centrocampista in attività negli anni 2000. In particolare, ha vestito la casacca dell’Inter dal 2012 al 2016. Di lui si sta parlando in queste ore per l’intervista choc rilasciata a Caracol Television, in cui ha parlato della spirale autodistruttiva in cui era finito, segnata dall’alcolismo. Nell’intervista ha detto di essere andato in campo più volte ubriaco, anche in maglia nerazzurra. E di essere arrivato a bere 70 birra a serata.
Nato a Puerto Boyacá il 30 giugno 1986, sotto il segno del Cancro, Guarín esordisce in patrina nell’Atlético Huila e successivamente nell’Envigado. La prima svolta nel 2005 quando approda al Boca Juniors, la squadra argentina che ha tenuto a battesimo Maradona. Poi nel 2006 si trasferisce in Europa, al Saint-Étienne. Resta qui per due stagioni, poi va al Porto dove vince Europa League e campionato nel 2010-2011.
Il 31 gennaio 2012 si trasferisce in prestito all’Inter che lo riscatta a fine stagione. In maglia nerazzurra arriva anche a indossare la fascia da capitano, nella sfida contro il Dnipro di Europa League. Totalizza complessivamente, 141 presenze e 23 gol in tutte le competizioni. Qui, però, iniziano anche i problemi con l’alcol, che lo hanno portato ad allontanarsi da Milano.
“Bevevo in casa, in discoteca e al ristornate, quella era la m**da, sapevo che stavo sbagliando nel mio lavoro e nella mia responsabilità familiare. Dormivo, mi allenavo e bevevo, e così ogni giorno. Dissero al mio agente che dovevo andare via da Milano, sentivo che non avevo limiti“.
Nella fase finale della carriera va in Cina, allo Shanghai Shenhua. E in Brasile con il Vasco da Gama. Chiude nel 2020 ai Millonarios di Bogotà. Il ritiro coincide con uno scandalo di violenza domestica. Nel 2021, infatti, viene arrestato per una rissa in famiglia, compiuta sotto l’effetto di droga e alcol.
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L’alcol, appunto. Ecco un passaggio della sua intervista, relativo alla sua devastante esperienza in Cina, quando l’alcolismo prese il sopravvento. E in Brasile, con il pensiero di togliersi la vita:
“Ero completamente immerso nell’alcol. Mi allenavo e subito dopo bevevo. La mia vita non aveva più obiettivi né nel calcio né con la mia famiglia.
Arrivavo a bere 60-70 birre in una notte. Con la pandemia, senza allenamenti e senza gruppo, frequentavo le favelas e cercavo il pericolo da ubriaco. Era adrenalina: vedere armi, movimenti pericolosi, tutto mi sembrava normale.
Mi svegliavo con la birra accanto, vivevo al 17° piano e pensavo di buttarmi. Una rete sul balcone mi ha salvato. Ero ossessionato dalla morte e sentivo di non avere via d’uscita“.
Oggi, Fredy Guarín sta bene anche grazie alla fede. Infatti, ha deciso di aprire il suo cuore per “fare in modo che le persone non si sentano sole”.